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INTERROGAZIONE AL MINISTRO DELL’INTERNO

sull'espulsione della sig.ra Hamidovic, sett.'05 

 

 

PREMESSO CHE

-         La sig.ra HAMIDOVIC Nevresa, cittadina della Bosnia-Erzegovina di etnia “rom”, è entrata in Italia nel corso degli anni Ottanta, senza mai allontanarsene; è regolarmente coniugata con un proprio connazionale, il sig. Cizmic Mahmut, con il quale vive da moltissimi anni presso una struttura allestita dal Comune di Roma, denominata “campo nomadi” e sita in Roma, Vicolo Savini 63; dal 1995 il nucleo familiare dell’interessata è stato censito e quindi inserito nelle liste anagrafiche dei cittadini residenti nel comune capitolino.

-         La sig.ra Hamidovic è madre di tre bambini in tenera età, che frequentano regolarmente la scuola dell’obbligo; nel nostro paese vive grazie ai guadagni del marito, il quale, titolare di permesso di soggiorno, svolge, in qualità di socio della cooperativa sociale “PHRALIPE’-FRATERNITA”, l’attività di venditore ambulante e da ultimo ha dichiarato di aver guadagnato nel corso dell’anno 2004 una somma pari a 21000 euro, cifra sulla quale ha regolarmente pagato tutte le tasse e le imposte previste dalla legge.

-         Il campo nomadi di Roma, Vicolo Savini 63, è oggetto da molti anni di interventi specifici posti in essere dal Comune di Roma e dall’XI Municipio. In una nota redatta dal Segretariato Sociale dell’XI Municipio si legge che la famiglia della sig.ra Hamidovic è inserita “in un percorso di inserimento sociale del nostro servizio…è inserita nel censimento degli abitanti del campo effettuata dal Nucleo anti esclusione. I figli di Nevresa e Hamut…sono regolarmente iscritti a scuola”.

-         Nel corso della sua lunga permanenza in Italia la sig.ra Hamidovic è entrata in possesso, in data 13.1.1996, di un permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Roma, rinnovato in due occasioni e distrutto, insieme al suo passaporto, a seguito di un incendio che ha devastato la baracca nella quale si trovava a vivere.

-         Le competenti Autorità della Bosnia-Erzegovina, interpellate dall’interessata, non sono state in grado di rilasciare in tempi brevi un nuovo passaporto a causa dei noti sconvolgimenti bellici e della guerra civile che hanno portato allo smembramento della Repubblica jugoslava; un nuovo passaporto veniva rilasciato alla sig.ra Hamidovic soltanto in data 24 settembre 2002 da parte del Consolato Generale della Bosnia-Erzegovina in Milano.

-         In data 20.7.2005 la sig.ra Hamidovic, che si trovava con il proprio nucleo familiare in località Alba Adriatica, sottoposta ad un normale controllo dei documenti di identità, veniva coattivamente separata dai propri familiari e condotta nei locali della Questura di Teramo. In questa sede è stata fatta oggetto di un decreto di espulsione dal territorio nazionale emesso da parte del Prefetto di Teramo. In tale provvedimento l’Amministrazione afferma che la straniera sarebbe “entrata nel territorio dello Stato il 24.9.2002 attraverso il confine dello Stato di Milano sottraendosi ai controlli di frontiera”. Tale asserzione non corrisponde al vero: infatti in tale data la straniera – che dagli anni Ottanta non si è mai allontanata dal territorio italiano – entrava in possesso del nuovo passaporto rilasciato da parte del Consolato Generale della Bosnia-Erzegovina in Milano.

-         Aldilà della ricostruzione frettolosa e delle deduzioni arbitrarie poste in essere dall’Amministrazione italiana, colpisce che nel provvedimento di espulsione non si faccia riferimento alcuno alla situazione familiare della straniera: quindi l’Amministrazione non ha eseguito un serio bilanciamento degli interessi presenti nel caso in specie, in particolare, non ha tenuto nella dovuta considerazione la tutela dell’integrità familiare tutelata dall’ordinamento italiano e internazionale, specie in riferimento alla presenza di figli minori. 

-         In esecuzione di detto provvedimento di espulsione, il Questore di Teramo disponeva in pari data il trattenimento della sig.ra Hamidovic presso il CPTA di Roma -Ponte Galeria. Nei giorni successivi il Giudice di Pace di Roma convalidava il trattenimento della straniera per 30 giorni, poi prorogati di ulteriori 30 giorni.

-         In data 2 settembre, l’avvocato Luca Santini, legale di fiducia dell’interessata, presentava ricorso d’urgenza alla Corte europea dei diritti dell’uomo al fine di chiedere la sospensione cautelare del provvedimento di espulsione per violazione dell’art.8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tutela l’integrità e il rispetto della vita familiare.

-         Nella stessa data la Corte di Strasburgo ha ordinato allo Stato italiano “de ne pas expulser le requérante vers la Bosnia-Herzégovine”, in attesa di una più compiuta valutazione della sua posizione.

-         In data 5 settembre, il difensore di fiducia dell’interessata comunicava ai responsabili del CPTA di Ponte Galeria il sopra menzionato provvedimento sospensivo dell’espulsione emesso dalla Corte di Strasburgo; il Governo veniva invece avvisato del provvedimento direttamente dalla Corte già in data 2 settembre.

-         In data 6 settembre, l’Autorità italiana ha eseguito l’espulsione della sig.ra Hamidovic in tal modo trasgredendo il sopra menzionato provvedimento sospensivo dell’espulsione. In pari data il legale di fiducia informava la stessa Corte dell’inadempimento dell’Autorità italiana: la Corte ha già annunciato che si riunirà nei prossimi giorni, in via straordinaria, per le determinazioni del caso.

-         In data 8 settembre, l’interessata ha presentato istanza di reingresso nello Stato italiano presso il Consolato italiano in Bosnia-Erzegovina: tale procedura può durare solitamente fino a 18 mesi. In questo lasso di tempo, la sig.ra Hamidovic sarà costretta a vivere lontana dal territorio italiano venendo meno, suo malgrado, ai suoi doveri di madre di bambini minori: lontana dal territorio italiano nonostante la sua posizione era regolarizzabile alla luce del diritto italiano e internazionale, nonostante il marito sia possessore di regolare permesso di soggiorno ed è in grado di provvedere al sostentamento della famiglia; lontana dal territorio italiano nonostante l’ordine contrario della Corte di Strasburgo.

-         Il caso è seguito dalle associazioni Antigone e Progetto Diritti

 

PER SAPERE

 

-         di quali informazioni disponga il Ministro interrogato in ordine all’esecuzione dell’espulsione dell’interessata avvenuta nonostante vi sia stato un ordine cautelare di non refoulement della Corte di Strasburgo, e lo stesso ordine sia stato notificato al Ministro e ai responsabili del CPTA di Ponte Galeria;

-         se e quali misure saranno adottate dal Ministro interrogato per porre fine all’inadempimento italiano e al fine di non pregiudicare irreparabilmente l’interesse e il diritto all’unità familiare dei tre minori rimasti in Italia privi della presenza e dell’assistenza della propria madre;

-         se e quali misure, infine, verranno adottate nei confronti di chi si è reso responsabile dell’inadempimento italiano ad un ordine della Corte di Strasburgo e del pregiudizio e danno causato alla famiglia Hamidovic.

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