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Dep. il 21 luglio ‘05, è stata già numerata: Atto Camera 6012.

On. Giuliano Pisapia

PROPOSTA DI LEGGE

Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero

 

L'insieme delle disposizioni giuridiche che attualmente regolano le condizioni di accesso e permanenza dello straniero nel nostro Paese si sostanzia in un ordinamento speciale ed emergenziale che, oltre a porsi in netto contrasto con i principi cardine dello Stato di diritto, neanche realizza efficacemente, peraltro, l'obiettivo auspicato dai Legislatori della XIII e XIV Legislatura (che hanno da ultimo modificato la materia), ovvero il contrasto all'immigrazione clandestina. In particolare, nell'approccio alla delicata materia, si è persistito in un atteggiamento ingiustamente punitivo per un fenomeno, qual è l'immigrazione clandestina, che andrebbe invece governato con iniziative e norme efficaci, ma comunque rispettose dei diritti fondamentali dell'individuo e dei principi costituzionali.

La presente proposta di legge -che scaturisce dalla riflessione e dall'impegno dell'associazione Antigone sul tema- vuole essere un punto di partenza per un intervento legislativo ormai necessario che,  rivedendo in toto la disciplina che regola il fenomeno migratorio, definisca, da un lato, le iniziative per ridurre al minimo l'immigrazione clandestina, ma preveda dall'altro concrete misure di politica attiva a favore degli immigrati regolari.

Rispetto alla disciplina vigente, si impone peraltro una modifica sostanziale in ordine ad es. alle modalità di accertamento rispetto agli stranieri trovati senza titoli di soggiorno, che non possono prescindere in ogni caso dal pieno rispetto dei  diritti e delle garanzie accordate dal nostro ordinamento a tutti. Infine, è doveroso superare l'ambiguo e discutibile ruolo dei Centri di permanenza temporanea, definendo un sistema alternativo di controllo degli stranieri soggetti alla procedura d'espulsione che si ponga al di fuori di schemi coattivi, nonché potenzialmente lesivi della dignità umana.

Come anticipato, l'auspicata revisione del complesso di tali norme non può, in ogni caso, prescindere da un intervento urgente, e non più procrastinabile, sui Centri di Permanenza Temporanea ed Assistenza - come denominati dalla legge -  (istituiti ai sensi dell'art.14 del T.U. sull'immigrazione, come modificato dalla legge 40/1998): veri e propri luoghi di privazione della libertà personale, nei quali sono trattenute persone che non hanno commesso alcun reato, né sono sottoposte a procedimento penale. Trattasi infatti di detenzione amministrativa (che, in base alla legge vigente, può arrivare sino a 60 giorni, ma che nei fatti ha spesso anche superato il limite legislativo) che, in particolare, scatta per mancanza di documenti, false indicazioni sulle proprie generalità, o anche semplicemente quando le forze di polizia non sono in grado di eseguire subito l'espulsione per le ragioni più varie.

La finalità identificativa – in vista dell'espulsione - che soggiace all'istituzione dei CPT  (nelle intenzioni del Legislatore del 1998) - è peraltro contraddetta dalle numerose ipotesi in cui un cittadino extracomunitario è ristretto a più riprese senza che l'identificazione e/o il rimpatrio abbiano avuto luogo. In base ai dati ufficiali, i trattenimenti nei CPTA avrebbero interessato 14.223 vite umane nel 2003 e ben 15.647 nel 2004; di queste persone, circa la metà è stata espulsa, mentre un quarto sarebbe stato rilasciato dopo i 60 giorni. Dunque, meno del 50% dei trattenuti sarebbe stato effettivamente espulso.

A questo dato va aggiunta, inoltre, la consapevolezza delle condizioni di vita inumane presenti nei Centri di permanenza temporanea e assistenza. Ben si comprende come tale situazione, inaccettabile ed inammissibile in un Paese democratico, lungi dal trovare soluzione in una mera regolamentazione dei CPT in direzione di una maggiore sensibilità rispetto alla dignità delle persone trattenute, richieda - pur nella consapevolezza della necessità di una riforma organica dell'intera materia –una modifica, in primis, agli artt. 13 e 14 del T.U. sull'immigrazione.

 Si ritiene opportuno, quindi, trasformare i Centri di permanenza temporanea "e assistenza" in strutture che, da centri di "detenzione amministrativa coatta", diventino luoghi con funzione (umanitaria) di prima accoglienza dei migranti appena giunti in Italia, ovvero di domiciliazione di persone che, destinatarie di un provvedimento di espulsione non definitivo e sottoposte alla misura di sorveglianza speciale disposta dal Tribunale su richiesta motivata del Questore, non abbiano altro luogo dove dichiarare il domicilio eletto in pendenza del procedimento giurisdizionalizzato dell'espulsione, come previsto dalla presente proposta di legge.

In particolare, l'esecuzione del decreto di espulsione è sospesa fino al momento in cui il provvedimento è soggetto a gravame e, in caso di proposizione del ricorso entro i termini previsti, sino all'udienza fissata per la decisione sul ricorso medesimo. È comunque garantita la salvaguardia dell'ordine pubblico, in quanto la polizia ben può controllare gli immigrati in pendenza di procedimento espulsivo attraverso la misura di sorveglianza speciale nel domicilio eletto dallo straniero.

Nei confronti dello straniero che rispetti tutti gli obblighi indicati nella misura di sorveglianza speciale non si applica, in caso di rigetto del ricorso e conseguente esecutività del provvedimento che dispone l'espulsione, il divieto di rientro in Italia per dieci anni, previsto al comma 14 dell'articolo 13 del testo unico – come da ultimo modificato-, né la segnalazione al SIS, in tal modo incoraggiando il rispetto delle misure imposte nell'ambito della sorveglianza speciale.

Nei confronti di chi si renda irreperibile, violando gli obblighi della misura di sorveglianza speciale, può scattare l'arresto; inoltre, il decreto che dispone l'espulsione sarebbe immediatamente esecutivo nei confronti di chi rientri in Italia senza rispettare l'ordine di non farvi rientro.

In materia di garanzie nel procedimento, fra le altre novità significative introdotte nella proposta di legge, si segnalano le seguenti:

1)     l'aumento da 60 a 90 giorni per poter chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto senza che scatti l'espulsione. Ciò perché le maglie della burocrazia, già complicate per un italiano, divengono spesso inestricabili per una persona che non conosce la nostra lingua; il provvedimento di espulsione deve essere sempre comunicato all'interessato in modo che ne capisca i contenuti, e laddove non fosse possibile, deve essere messo a disposizione da subito un interprete, pena la invalidità del provvedimento di espulsione; l'assistenza di un difensore è anticipata al momento della comunicazione del provvedimento di espulsione;

2)     è eliminata l'inderogabilità del limite minimo di cinque anni per il rientro in Italia degli espulsi, nell' ipotesi in cui il giudice ritenga, nei casi di persone che abbiano tenuto un buon comportamento, di consentire loro di tornare anche immediatamente nel nostro Paese

3)     l’accoglimento del ricorso potrà avvenire anche nei casi in cui, pur essendo legittimo il provvedimento d’espulsione, l’interessato adduca ragionevoli motivi che giustificano il soggiorno regolare nel nostro paese (c.d. regolarizzazione permanente)

 

Al fine di raggiungere l'auspicato risultato di espungere dal nostro ordinamento la detenzione coatta nei CPTA e di introdurre un procedimento giurisdizionale e garantista in relazione all' espulsione, è necessario riformulare, quindi, gli artt. 13 e 14 del T.U, così come modificati dalla L.189/02 e dalla L.271/04, specialmente in riferimento al giudice competente per la convalida e la decisione relativa all'impugnazione del decreto di espulsione, assicurando quindi ai migranti quel nucleo minimo di garanzie (diritto di difesa e uguaglianza di tutti dinanzi alla legge) individuato come costituzionalmente necessario dalla ormai copiosa giurisprudenza costituzionale (inter alia, sent. n. 161/2000, 105/2001, 222/04, ord. n. 35/2002)

Il terzo articolo prevede l’abrogazione delle norme che prevedono l’espulsione a titolo di misura di sicurezza a fine pena. Esse fanno venire meno ogni istanza risocializzante della pena detentiva che così si trasforma in mera punizione.

Il quarto articolo della presente proposta di legge è invece teso all'abrogazione dell'art.1 bis della L.39/90 (introdotto dalla L.189/2002) che - in aperta collisione con l'art. 31 della Convenzione di Ginevra del 1951 (che vieta di punire l'ingresso o il soggiorno irregolare del richiedente asilo) - ha introdotto nel nostro ordinamento il trattenimento del richiedente asilo in Centri di Identificazione. Una modifica necessaria anche in considerazione dei rilievi critici sollevati dal Consiglio di Stato in sede consultiva (adunanza del 26 Gennaio 2004) relativamente all'accoglienza dei rifugiati e alla preoccupazione per la mancanza di garanzie elementari. Infine, sono espunte dal regolamento 303/2004 le disposizioni relative all'immediata esecutività del provvedimento che dispone l'espulsione a seguito del diniego del riconoscimento dello status di rifugiato da parte delle commissioni territoriali.

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Art.1

(Espulsione amministrativa)

L’articolo 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, recante testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, è sostituito dal seguente:

    «Art. 13. – (Espulsione amministrativa). –

     1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell’interno può disporre l’espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri.

    2. L’espulsione è disposta dal Prefetto quando lo straniero:

          a)  è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell’articolo 10;

        b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di novanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo;
        c)  appartiene a talune delle categorie indicate nell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall’articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n.  575, come sostituito dall’articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646.

    3. L’espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale, l’autorità giudiziaria rilascia nulla osta salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali. Nel caso di arresto in flagranza, il giudice rilascia il nulla osta all’atto della convalida, salvo che applichi una misura detentiva ai sensi dell’articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale.

    4. L’espulsione è eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, quando lo straniero:

a)  è espulso ai sensi del comma 1 o si è trattenuto indebitamente nel territorio dello Stato oltre il termine fissato con l’intimazione;

b)        è espulso ai sensi del comma 2, lettera c), e il prefetto rilevi, sulla base di circostanze obiettive, il concreto pericolo che lo straniero si sottragga all’esecuzione del provvedimento.    

     5. Si procede altresì all’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica dello straniero espulso ai sensi del comma 2, lettera a), qualora quest’ultimo sia privo di valido documento attestante la sua identità e nazionalità e il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti il suo inserimento sociale, familiare e lavorativo, un concreto pericolo che lo straniero medesimo si sottragga alla esecuzione del provvedimento.    

   6. Negli altri casi l’espulsione contiene l’intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni e ad osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione all’ufficio di polizia di frontiera.   

   7. Il decreto di espulsione, nonché il verbale di intimazione, ed ogni altro atto concernente il soggiorno e l’espulsione, sono comunicati allo straniero interessato, unitamente alla indicazione delle modalità di impugnazione del provvedimento. Ognuno di questi atti deve essergli tradotto in una lingua da lui conosciuta. Qualora ciò non fosse possibile, deve essergli comunque notificato tutto in lingua inglese o francese o spagnola e messo immediatamente a disposizione un interprete, pena la invalidità del provvedimento di espulsione.

Il decreto di espulsione, nonché il verbale di intimazione, devono essere comunicati immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla loro adozione al Tribunale ordinario territorialmente competente. Entro quarantotto ore dalla ricezione il Tribunale decide in ordine alla convalida del provvedimento. L’udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito e l’audizione dell’interessato, salvo il caso di documentato impedimento assoluto o di rinuncia. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni previste dal comma 10 del presente articolo.

Contestualmente ed entro gli stessi termini il Questore richiede altresì al Tribunale l’applicazione, nei confronti della persona da espellere, della misura della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con l’obbligo di soggiorno in una determinata località e l’obbligo di dimora in determinate ore della giornata. Nel caso di stranieri privi di dimora, agli stessi è data facoltà di indicare quale domicilio utile il centro di temporanea assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. In caso di violazioni degli obblighi derivanti dalle misure di sorveglianza speciale, ivi compresa la dimora nei centri, lo straniero è punito con l’arresto sino ad un mese. Allo straniero che rispetta tutti gli obblighi indicati nella misura di sorveglianza speciale non si applicano i divieti di cui al comma 14 del presente articolo, né si effettua la segnalazione al SIS (Sistema di informazione Schengen). I provvedimenti relativi alla convalida e alla applicazione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza sono ricorribili in cassazione.


    8. Avverso il decreto di espulsione, salvo quanto previsto al comma 11, può essere presentato unicamente ricorso al Tribunale, entro quindici giorni dalla comunicazione della convalida del decreto o del provvedimento.

Il decreto di espulsione e i provvedimenti conseguenti sono sospesi fino alla decorrenza dei termini di impugnazione e, in caso di proposizione del ricorso entro i termini stabiliti, sino all’udienza fissata per la decisione sul ricorso medesimo.

    9. Il tribunale, in contraddittorio con l’interessato e nei modi di cui agli art. 737 e ss. c.p.c., accoglie o rigetta il ricorso decidendo entro dieci giorni dalla data di deposito del ricorso stesso. La decisione di accoglimento del ricorso può avvenire anche nei casi in cui, pur essendo legittimo il provvedimento di espulsione ai sensi della presente legge, l’interessato adduca ragionevoli motivi che giustifichino il soggiorno regolare nel nostro Paese. Nel caso in cui il Tribunale non decida entro il termine ordinatorio di dieci giorni, il Tribunale su istanza di parte può disporre la sospensione cautelare della misura di sorveglianza  speciale.


    10. Il ricorso può essere sottoscritto in ogni caso anche personalmente. Lo straniero è ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato al momento della comunicazione del provvedimento di espulsione nell’ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all’articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni, nonché, ove necessario, da un interprete.   

    11. Contro il decreto di espulsione emanato ai sensi del comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.

 

    12. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 19, lo straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza.

  

   13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno. In caso di trasgressione è nuovamente espulso con accompagnamento immediatamente esecutivo a seguito di convalida. 

   14. Il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di cinque anni, salvo quanto previsto dalla seconda parte del co.7 del presente articolo e dall’articolo 14 e salvo che il Tribunale o il Tribunale amministrativo regionale, con il provvedimento che decide sul ricorso di cui ai commi 8 e 11, ne determinino diversamente la durata sulla base di motivi legittimi addotti dall’interessato e tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall’interessato nel territorio dello Stato.   

    15. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano allo straniero che dimostri sulla base di elementi obiettivi di essere giunto nel territorio dello Stato prima della entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40.
    

Art. 2

(Esecuzione dell’espulsione)

L’articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, recante testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, è sostituito dal seguente:

 «Art. 14. – (Esecuzione dell’espulsione). –

1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla identità o alla nazionalità dello straniero da espellere, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore del luogo in cui lo straniero si trova può richiedere, anche in via di urgenza e senza altre formalità, al tribunale l’applicazione, nei confronti della persona da espellere, della misura della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con l’obbligo di soggiorno in una determinata località e l’obbligo di dimora in determinate ore della giornata. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni previste dalla co.7, e ss. del precedente articolo. 

Art.3

(Espulsione a titolo di misura di sicurezza disposta dal giudice nella sentenza di condanna)

1. Sono abrogati gli art. 235 e 312 c.p. nella parte in cui prevedono l’espulsione a titolo di misura di sicurezza disposta dal giudice nella sentenza di condanna. È altresì abrogato l’art.15 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, recante testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

Art.4

(Trattenimento dei richiedenti asilo ed esecutività dei provvedimenti espulsivi conseguenti al diniego del riconoscimento da parte delle commissioni territoriali)

 

1. È abrogato l’art.1 bis della L.39/90, così come modificato dalla L.189/2002, nella parte in cui prevede la possibilità di trattenere, obbligatoriamente o facoltativamente, richiedenti asilo. Nei casi previsti dalla disposizione abrogata il Questore può disporre la misura della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza secondo le regole previste dal co.7 e ss. dell’art.1 della presente legge in quanto compatibili.

2. Con apposito regolamento correttivo del regolamento attuativo 303/2004 sono espunti dalla sopra menzionata norma tutti i riferimenti alle ipotesi di trattenimento in CdI o in CPTA e sostituiti con la dicitura “misura della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza”.

3. La seconda parte del co.6 dell’art.1 ter (procedura semplificata) del regolamento attuativo 303/2004 è sostituito dal seguente:

“L’eventuale ricorso avverso la decisione della commissione territoriale è presentato al Tribunale territorialmente competente entro quindici giorni dalla decisione. Il provvedimento che dispone l’espulsione a seguito del diniego amministrativo resta sospeso fino al momento in cui il provvedimento è soggetto a gravame e, in caso di proposizione del ricorso entro i termini stabiliti nel presente articolo, sino all’udienza fissata per la decisione sul ricorso medesimo. In questa ipotesi è prevista la proroga ex lege della misura della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza precedentemente adottata.”

                                                         On. Giuliano Pisapia

On. Mauro Bulgarelli

On. Carlo Leoni

On. Marco Boato

On. Paolo Cento

On. Elettra Deiana

On. Pietro Folena

On. Graziella Mascia

On. Maria Celeste Nardini

On. Gabriella Pistone

On. Ermete Realacci

On. Giovanni Russo Spena

On. Alba Sasso

On. Tiziana Valpiana

On. Katia Zanotti

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