News | Perché nasce Antigone TOSCANA | Documenti | Iniziative | Links

 

CASO MESSINA C. ITALIA

 

Violazione dell’art. 8 (diritto al rispetto della corrispondenza)

 

Il signor Antonio Messina, cittadino italiano attualmente detenuto nel carcere di Cerignola, tra il 1992 e il 1998 viene condannato perché implicato in attività di stampo mafioso. Il 26 novembre 1993, il Ministro di Grazia e Giustizia dispone che il ricorrente sia sottoposto per un anno al regime del carcere duro, per ragioni di ordine pubblico e di sicurezza, tenuto conto della pericolosità del fenomeno mafioso e dei legami costanti del ricorrente con gli ambienti mafiosi. Questo regime prevede, ad esempio, limitazioni dei colloqui con la famiglia e il controllo della corrispondenza da parte del direttore dell’istituto penitenziario, previa autorizzazione del tribunale competente. Il regime duro viene prorogato nei suoi confronti di sei mesi in sei mesi per altre otto volte, fino al maggio 1998.

Il ricorrente accusa le autorità del carcere di Pianosa di violazione dell’art. 8 in relazione al controllo operato sulla propria corrispondenza con la famiglia e con la Commissione europea (par. 75).

La Corte ha esaminato il caso alla luce delle condizioni di legittimità dell’ingerenza previste dall’art. 8 par. 2 ed ha constatato che il controllo era stato autorizzato dalle decisioni del Presidente della corte di assise di Trapani, dei magistrati di sorveglianza di Macerata e Trapani, sulla base dell’art. 18 dell’ordinamento penitenziario (par. 80). La Corte, seguendo il parere della Commissione, che a sua volta si era fondata sulla giurisprudenza costante, (sentenze Calogero Diana c. Italia, 25 novembre 1996, parr. 29-33 e Domenichini c. Italia, 15 novembre 1996, parr. 29-33.) ha concluso che l’articolo 18 O.P. è privo di due elementi:

1.     non indica né la durata né i motivi di giustificazione delle misure di controllo della corrispondenza;

2.     non indica con sufficiente chiarezza l’estensione e le modalità di esercizio del potere discrezionale delle autorità competenti (sentenze Calogero Diana c. Italia, cit., parr. 29-33 e Domenichini c. Italia, cit., parr. 29-33.)

D’altro canto, ha sottolineato ancora la Corte (par. 82), neanche il disegno di legge di emendamento della legislazione applicabile, presentato al Senato dal Ministro di Grazia e Giustizia il 23 luglio 1999 (vedi sentenza Labita c. Italia, 6 aprile 2000, par. 177.) al fine di conformarsi alle sentenze della Corte Calogero Diana e Domenichini, ha avuto alcun esito. In base a tutto ciò l’Italia è stata condannata perché le diverse misure di controllo della corrispondenza del ricorrente non erano “previste dalla legge” ai sensi dell’art. 8 par. 2 della Convenzione.

 

News | Perché nasce Antigone TOSCANA | Documenti | Iniziative | Links