Magistratura di sorveglianza, questa sconosciuta

Magistratura di sorveglianza, questa sconosciuta

magistrati di sorveglianza

Magistratura di sorveglianza, questa sconosciuta

I giudici della pena tra oblio e tutela dei diritti

Benedetta Perego

Una categoria professionale in via di rafforzamento
Non è operazione semplice inquadrare l’essenza dei cosiddetti giudici della pena. Occorre partire da una constatazione tanto provocatoria quanto inconfutabile: la magistratura di sorveglianza, storicamente, è sempre stata al fondo.

La magistratura
di sorveglianza, storicamente, è sempre stata al fondo

Al fondo di qualsiasi percorso giuridico-formativo, quando ne sia contemplata, ai margini di ogni approfondimento ministeriale ed in posizione defilata rispetto ai riflettori di cui spesso gode il resto della categoria giurisdizionale.

Tale marginalizzazione, però, oggi si scontra con una timida ma palpabile metamorfosi che, pur non avendo determinato il venir meno della costante crisi d’identità della sorveglianza che trova ragione nel suo stesso isolamento ed in una genesi istituzionale del tutto difforme dal resto della magistratura italiana (Scomparin, 2012), vede questo ramo giurisdizionale oggetto di una nuova attenzione, la quale va di pari passo con il focus istituzionale e mediatico che orbita da alcuni anni intorno alla situazione carceraria italiana e che ne ha comportato una rivalutazione (quanto meno formale) proprio a partire dall’interno dello stesso potere giudiziario.

I dati che a riguardo sono istituzionalmente resi pubblici confermano, da un lato, la storica marginalità della sorveglianza. Si tratta di dati esigui, spesso confusi e di difficile reperimento, ma comunque sufficienti per raccontare la metamorfosi di cui si è accennato e che vede gli uffici di sorveglianza1 destinatari di considerevoli incrementi di personale tra quelli disposti dal Ministero della Giustizia.

Questo è, invero, ciò che emerge dalla Relazione sull’Amministrazione della Giustizia dell’anno 2016, esposta in concomitanza dell’inaugurazione dell’anno corrente e tradizionalmente occasione per tirare le fila in merito ai dodici mesi trascorsi.”L’opera di ridefinizione delle relative dotazioni precedentemente avviata” (Sez. Dip. dell’organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi, pag. 11) prosegue tanto sul versante delle risorse giudicanti tanto su quello del personale amministrativo.

Per quanto concerne il personale giudicante (e dunque il numero di magistrati assegnati agli uffici di sorveglianza) nell’ultimo biennio (d.m. 17.4.2014 e 18.9.2015) fa recente seguito il decreto ministeriale dell’11 luglio 2016 attraverso il quale si è disposto un ulteriore incremento di 11 unità.

DatiIncremento dei magistrati di sorveglianza secondo d.m. 11 luglio 2016


7

4

Assegnazioni Ufficio Sorveglianza

Assegnazioni Tribunale

Sorveglianza

7

4

Assegnazioni Ufficio Sorveglianza

Assegnazioni Tribunale

Sorveglianza

7

Assegnazioni Ufficio

Sorveglianza

4

Assegnazioni Tribunale

Sorveglianza

Fonte: Ministero della Giustizia
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Così, dunque, il personale di magistratura della sorveglianza è giunto a contare 233 unità, in conseguenza di un aumento di 31 nell’ultimo triennio. Numeri, questi, che spiccano per l’alto incremento percentuale disposto – oltre il 13% - e che d’altro canto non possono che costringere a riflettere sulla marginalità dei numeri della sorveglianza rispetto all’ammontare complessivo rispetto alla quantità di magistrati ad oggi in attività – 2.130 in funzione requirente e 6.382 in quella giudicante.(fonte CSM, marzo 2017).

233 Personale di magistratura della sorveglianza

DatiSuddivisione magistrati per funzione

Valori in %

2,6

Magistratura di Sorveglianza

24,4

73

Funzione

giudicante

Funzione

requirente

2,6

Magistratura di Sorveglianza

24,4

73

Funzione

giudicante

Funzione

requirente

2,6

Magistratura di Sorveglianza

24,4

Funzione requirente

73

Funzione giudicante

Fonte: Ministero della Giustizia
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Anche dal punto di vista del personale amministrativo, infatti, si è provveduto a stabilizzare la forza lavoro ivi impiegata impedendo l’applicazione presso Tribunali e Uffici di Sorveglianza di personale in uscita (Direttiva 10.1.2014, prorogata fino a giugno 2017).

Forza lavoro che, peraltro, si è vista rafforzare attraverso la copertura di varie posizioni dirigenziali vacanti nonché per mezzo del ricorso al lavoro temporaneo e transitorio.


interventi rigurdanti il personale amministrativo 24-25 febbraio 2016 31 provvedimenti di conferimento incarico dirigenziali e relativi contratti individuali di lavoro 7 giugno 2016 un provvedimento di conferimento incarico dirigenziale e relativo contratto individuale di lavoro 30 giugno 2016 rinnovo di 7 incarichi dirigenziali in scadenza 31 dicembre 2016 rinnovo di 35 incarichi dirigenziali in scadenza inizio anno giudiziario 2017 Conferimento di 36 incarichi di reggenza; proroga 16 incarichi di reggenza già in atto per la temporanea copertura di altrettante posizioni dirigenziali vacanti; definizione della procedura per l’assunzione e relativo conferimento di incarico di una dirigente vincitrice del VI corso-concorso S.N.A.


I pur esigui dati ufficiali messi a disposizione in merito alla magistratura di sorveglianza sono, dunque, in grado di permettere un’inconfutabile considerazione: tutti questi interventi in senso rafforzativo della categoria, unitamente agli alti margini di arretrato che i tribunali della pena registrano ed alle lamentele che da più fronti2 giungono in merito al sistema processuale disegnato intorno alla condanna, delineano la realtà di una categoria professionale evidentemente in affanno.

Urge, perciò, interrogarsi su quali siano le principali ragioni di tale affanno e quali, d’altro canto, possano essere le prospettive che è opportuno prefigurarsi per gli anni a venire.

La crescita costante del ricorso alle misure alternative alla pena detentiva

Si ritiene possano essere due le principali ragioni dell’ incremento di carico di lavoro di cui sono destinatari gli Uffici ed i Tribunali di sorveglianza.

La prima è costituita dal costante aumento, nel tempo, del ricorso alle misure alternative alla pena detentiva. L’utilizzo di tali istituti, conformemente agli obiettivi della riforma penitenziaria del 1975 ed, anzi, in ritardo rispetto alla tabella di marcia che il legislatore era andato, in quella sede, a delineare, ha invero subito una netta impennata negli ultimi anni. Soprattutto a seguito dell’emersione dell’allarme sovraffollamento e dei conseguenti provvedimenti legislativi (anche e soprattutto d’impulso governativo-emergenziale) volti a far rientrare l’emergenza e ad emendare lo Stato italiano innanzi la comunità internazionale (come nelle vicende successive alla sentenza Torreggiani, quando la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo si era spinta a formulare veri e propri out-out nei confronti del nostro Paese).

DatiConcessioni misure alternative,
serie storica 2008-2016

Valori in migliaia

Fonte: DAP
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La moderna concezione della pena assomiglia sempre più un ventaglio sfaccettato di misure diverse dal carcere che, in conformità con l’art. 27 della Costituzione, devono tendere alla risocializzazione graduale del condannato. Non può ignorarsi come il sempre più imponente utilizzo di tali misure alternative paia rispondere a necessità talvolta anche parecchio lontane da quell’ideale rieducativo per il quale sono state pensate (McMahon, 1990).

il carico di lavoro degli uffici di sorveglianza
è aumentato più della della forza lavoro

In ogni caso, quali che ne siano le spinte propulsive giuridiche, sociali e politiche, all’applicazione dell’affidamento in prova, della detenzione domiciliare, della semilibertà e di tutte le tipologie di esecuzione alternativa della condanna che negli anni si sono avvicendate devono provvedere i Tribunali di sorveglianza (salvo per quanto riguarda la sospensione del processo con messa alla prova che, intervenendo in una fase antecedente la condanna, coinvolge direttamente il giudice del merito) e gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna necessariamente interpellati. Ecco come il carico di lavoro in capo agli uffici di sorveglianza è aumentato più velocemente della crescita della forza lavoro (che solo negli ultimi tempi è tornata a crescere).

L’evoluzione in materia di tutela dei diritti del detenuto

La formulazione del giudizio in ordine alle misure alternative alla detenzione e la concessione dei benefici penitenziari non è il solo compito cui la magistratura di sorveglianza è destinata.

Di cruciale importanza è infatti il ruolo di tutela dei diritti della popolazione detenuta

Di cruciale importanza è infatti il ruolo di tutela dei diritti della popolazione detenuta, quale “contrappeso” all’attività dell’amministrazione penitenziaria.

Più di ogni altra tra le previsioni programmatiche della riforma del 1975, però, la difesa dei reclusi è rimasta per lunghissimi anni del tutto inattuata: fino a poco tempo fa, i meccanismi di cui il detenuto poteva avvalersi per dar voce alle proprie prerogative erano estremamente scarni e di difficile attivazione; inoltre, quand’anche tale attivazione avesse avuto corso positivo, il magistrato di sorveglianza non era in grado di intervenire in maniera vincolante o sanzionatoria nei confronti dell’amministrazione interna all’istituto. Proprio l’assenza di validi ed efficaci strumenti di tutela interni (vedi nuovamente la vicenda Torreggiani) era ulteriore motivo di biasimo e di condanna a livello internazionale e le contromisure istituzionalmente poste in atto hanno, ovviamente, comportato un importante aumento del carico di lavoro sulle spalle della magistratura di sorveglianza. Ciò, peraltro, può valere, oltre che per le modifiche direttamente connesse alle aule della sorveglianza, potenzialmente anche per quanto concerne l’istituzione della figura del Garante nazionale: una maggior consapevolezza collettiva e individuale della popolazione detenuta in merito ai propri diritti ed un correlato più agile accesso agli strumenti di invocazione della propria tutela (obiettivi cui, inevitabilmente, tende l’opera dell’istituito Garante) non potranno, infine, che portare ad un’estensione del coinvolgimento del destinatario ultimo di tali strumenti.


provvedimenti in materia di tutela dei diritti dei detenuti

d.l. 146/2013, conv. in l. 10/2014 Introduzione del reclamo giurisdizionale al magistrato di sorveglianza per i casi di “attuale e grave pregiudizio” ai diritti dei detenuti (artt. 69 co. 6 lett. B e 35 bis o.p.)

d.l. 146/2013, conv. in l. 10/2014 Istituzione ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della loro libertà personale

d.l. 92/2014, conv. in l. 117/2014 Introduzione di rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell’art. 3 CEDU nei confronti di soggetti detenuti o internati (art. 35 ter o.p.)


Proprio grazie all’incremento della tutela dei diritti della popolazione reclusa, attraverso gli strumenti già menzionati (con conseguente modifica della tradizionale dialettica tripartitica detenuto-magistrato-direttore d’istituto) possiamo parlare di vera e propria primavera dei diritti3. Che si tratti della realizzazione di un progresso auspicato ed in linea con i principi fondamentali della Costituzione è innegabile; ciò non può precludere, tuttavia, una considerazione in merito al rinnovato decalogo di compiti che i giudici della pena si trovano a dover affrontare quotidianamente.

Ed è questa, in buona sostanza, l’analisi, pur parziale, che può estrapolarsi dai dati complessivamente a disposizione. La magistratura di sorveglianza, dopo decenni di oblio giuridico, istituzionale e mediatico, rappresenta oggi la vera chiave di volta per umanizzare le nostre condanne e per riportare l’esperienza detentiva in un alveo di accettabilità internazionale4. Nelle sue mani sono posti i due principali strumenti idonei ad ottenere tali risultati, la tutela dei diritti del detenuto e l’applicazione delle misure alternative, i cui profili stanno gradualmente rafforzandosi e sofisticandosi e la cui incidenza sull’ultimo segmento del processo penale pare destinata ad aumentare sempre più.

Occorre ora restare ad osservare come i tecnici della pena sapranno gestire questi nuovi ed estesi incarichi, nella consapevolezza che l’adeguamento delle risorse necessarie a farvi fronte corre ad un passo decisamente più lento.

  1. Come noto, l’Ufficio di Sorveglianza è organo giudiziario con sede pluricircoscrizionale i cui giudici sono chiamati ad un duplice ruolo: quello di magistrato di sorveglianza, in veste di organo monocratico per le questioni ‘minori’ come ricorsi e reclami, e quello di membro togato del Tribunale di Sorveglianza, organo collegiale presente presso ogni distretto di Corte d’Appello al quale sono demandate le questioni più ‘importanti’, prima fra tutte la concessione e la revoca delle misure alternative alla detenzione.
  2. A cadenza ravvicinata sono ormai le numerosissime astensioni indette dalle Camere Penali, locali e di cui alla Giunta nazionale, in relazione alla carenza di risorse presso Tribunali e Uffici di sorveglianza. Carenza che, del resto, non nasconde nemmeno la stessa magistratura di sorveglianza, così come desumibile dall’ultimo quaderno del C.S.M. interamente dedicatovi (Proposte per una nuova penalità, Quaderni del C.S.M., anno 2015, n. 163).
  3. Nell’ambito della quale non solo i magistrati di sorveglianza hanno cominciato a ricorrere ai nuovi strumenti di tutela predisposti bensì ne hanno fatto oggetto di precise rivendicazioni, ad esempio giungendo ad ottenere dal Palazzo della Consulta come non possa “considerarsi ‘eccezionale e straordinario’ il potere del magistrato di sorveglianza di liquidare, ‘a titolo di risarcimento del danno, una somma di denaro’ al detenuto che ha subìto un trattamento disumano, e non c’è alcuna ragione per negarlo nei casi in cui non vi è prima una riduzione di pena da operare” (Corte Cost., sent. n. 204 del 21.7.2016). E’, peraltro, importante sottolineare come tale ‘evoluzione’ non ponga le sue radici nella predisposizione di strumenti ad hoc e nell’attenzione ingeneratasi negli ultimi anni, bensì proprio nell’iniziativa autonoma della magistratura di sorveglianza che già prima di tali avvenimenti aveva cominciato a rappresentare il giudice della pena come “garante assoluto del trattamento” (Trib. Sorv. Lecce, ord. 9.6.2011).
  4. Ad esempio, sollevando questioni di legittimità costituzionale intorno alle limitazioni di cui all’art. 4 bis o.p. (Mag. Sorv. Spoleto, ord. 29.4.2016); ‘plasmando’ i rimedi di nuova introduzione per estendere la tutela degli internati (Mag. Sorv. Firenze, ord. 21.10.2015; Uff. Sorv. Messina, ord. 8.1.2016) e più generalmente assumendo provvedimenti ‘di forza’ nei confronti dell’Amministrazione Penitenziaria.

Bibliografia

MacMahon Maeve (1990), 'Net-widening': Vagaries in the Use of a Concept, in British Journal of criminology, 30, pp. 121-149

Scomparin Laura (2012). Istanze rieducative e nuovi modelli di giurisdizione penale: l'identità perduta della magistratura di sorveglianza?, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 4, pp. 1402-1424.