Patrizio Gonnella
Meno controlli e meno limiti alla corrispondenza dei detenuti, in sintonia a quanto suggerito dagli organismi internazionali che si occupano di diritti umani. Lo scorso 30 ottobre il Senato ha approvato con modifiche il disegno di legge di iniziativa governativa che prevede nuove disposizioni in materia di visto di controllo sulla corrispondenza dei detenuti. Pertanto il testo, che la Camera aveva approvato a fine luglio, ora dovrà ritornare a Montecitorio per l’ultima lettura. La corrispondenza epistolare, quella telegrafica e la ricezione della stampa potranno essere limitate o sottoposte a censura per ragioni investigative, di sicurezza o di ordine interno all’istituto penitenziario, per periodi non superiori a sei mesi. La proroga, di tre mesi in tre mesi, dovrà essere ulteriormente motivata. Contro il provvedimento restrittivo potrà essere proposto reclamo nelle forme previste dagli articoli 14 ter e seguenti della legge penitenziaria del 1975.
Fra i destinatari, con cui i detenuti potranno comunque comunicare senza restrizione alcuna, vi sono, oltre a quelli già previsti dagli articoli 103 del codice di procedura penale (avvocati e giudici) e 35 dell’ordinamento penitenziario (capo dello Stato, ministri di culto, magistrati di sorveglianza) anche i membri del Parlamento, i rappresentanti diplomatici o consolari per gli stranieri, gli organismi internazionali preposti alla tutela dei diritti umani. In primis la Corte Europea di Strasburgo, dalle cui sentenze ha avuto origine questa proposta di legge. L’Italia, infatti, è stata costretta a adeguarsi ai dettami imposti dalla Corte che oramai da un decennio aveva invitato le nostre autorità a consentire la libera corrispondenza con i giudici europei e a garantire che tutta la restante posta non fosse sottoposta a censure immotivate o a restrizioni non formalizzate.
L’Amministrazione penitenziaria, con proprie circolari, si era già adeguata alle decisioni della Corte. Il disegno di legge serve a restituire coerenza all’ordinamento.
Restano ancora alcuni dubbi che non sono stati affrontati. Ad esempio la possibilità di ricevere o inviare fax o mail. Per i primi molti istituti hanno già autorizzato i detenuti all’invio, ma non anche alla ricezione, per ragioni più burocratiche che non di sicurezza. Per quanto riguarda la posta elettronica, ancora, invece, non ne è stata definita la natura giuridica, ossia se vada trattata come una telefonata o come una lettera. O se comunque e sempre sia vietata la navigazione in rete.
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